Sulle tracce della donna volpe
#47 | La brezza dell’alba ha segreti da svelarti. Non tornare a dormire.
Si sono unite tante nuove persone ultimamente, forse anche grazie a Kins. Per cui ho pensato fosse un buon momento per fare il punto su quello che sto cercando di fare qui. Questo post parla di questo, ma forse anche di altro, e non so bene come andrà a finire. Questo è Making Life Fieldnotes.
Benvenut!



Il segreto sta nella relazione. La relazione genera amore, e l’amore può scavare fino alla consapevolezza. La consapevolezza cambia il nostro modo di comportarci. La relazione è il modo in cui ci risvegliamo. - Martin Shaw, Courting the Wild Twin.
Mi capita spesso di pensare alla storia della donna volpe.
E’ una storia Inuit che racconta dell’amore tra un cacciatore e questo essere magico - parte donna, parte volpe, parte spirito della foresta - e di quanta felicità ci fosse nel loro stare assieme. Fino al giorno in cui lui, esasperato dal forte odore selvatico della pelliccia della donna, e forse accecato da ciò che non poteva capire, le chiese con rabbia di sbarazzarsi della pelliccia. Quella fu l’ultima volta in cui la vide. Il giorno dopo la donna se n’era andata, la pelliccia se n’era andata e anche l’odore, se n’era andato. Si narra che ancora oggi il cacciatore se ne stia seduto sull’uscio della sua capanna, solo come nessuno al mondo, a struggersi di nostalgia per l’odore della donna volpe.
Qualcosa dentro di me sussulta ogni volta che ascolto questa storia. E’ un riconoscimento forse, un nome per ciò che mi manca. Forse tutto quello che sto cercando di fare in questo spazio, in questo momento della mia vita, non è altro che lanciare richiami nella neve, nel tentativo di riportare la donna volpe a casa.
Martin Shaw suggerisce che collettivamente, a un certo punto della Storia, come cultura abbiamo fatto lo stesso. Abbiamo esiliato la donna volpe perdendo la nostra capacità primordiale di stare in relazione sacra con il mondo. E che ciò di cui abbiamo bisogno ora - più che di teorie scientifiche e statistiche, che sul cuore fanno poca presa - è “un grande, potente, tremante ritorno all’amore per la nostra antica, primordiale Amata, che è la Terra stessa.”
Ma d’altro canto l’amore è un mistero. Non lo puoi pianificare a tavolino, non lo puoi sintetizzare in un laboratorio, né delegarlo a un’intelligenza artificiale. Richiede la tua intera presenza, la tua pazienza, il tuo tempo, la tua attenzione. Non ragiona in termini di tornaconto e non offre garanzie. Ma se funziona, quello che ricevi in cambio è immenso, è tutto. Se hai mai rischiato di perdere qualcosa che ami davvero, sai di che parlo.
Se per ricucire il rapporto d’amore tra esseri umani e il pianeta non bastano i dati scientifici su quanto stiamo perdendo e quanto stare in Natura faccia bene alla nostra salute, che cos’altro possiamo fare? Martin Shaw suggerisce di partire da ciò che ci manca, dalla nostra incompletezza.
Quando senti di essere incompleto, è proprio lì che inizia il viaggio, è lì che iniziano veramente i grandi miti, con un senso di incompletezza. Altrimenti non usciresti mai dal villaggio. Altrimenti non ti metteresti mai nei guai. Altrimenti non ti spezzeresti mai il cuore.
Cerca ciò che ami, cercalo, prenditene cura e dona parole senza pensare a un vantaggio personale. Sii come Robin Hood in questo. La Terra potrebbe essere ferita, smarrita, furiosa oltre ogni comprensione, ma abbassa un poco lo sguardo, trova un piccolo angolo che ami e fermati lì, finché non avrà qualcosa da sussurrarti.
Non sei qui per essere qualsiasi cosa tu voglia, sei qui per essere qualcosa di ben preciso. Gli dèi e le dee della passione e i limiti della passione possono guidarti in questo.
Non tornare a dormire.
Martin Shaw - Courting the Wild Twin


Tentativi di riconessione
Making Life è in qualche modo lo spazio dove, in modo del tutto personale, incompleto e mai definitivo, cerco di documentare questo viaggio. Lo faccio perchè non posso farne a meno, perchè lo trovo importante, perché mi appassiona farlo. Dati i tempi in cui viviamo, mi sembrano ragioni più che sufficienti, per non dire vitali.
Il mio campo d’indagine si inserisce all’interno del territorio, vasto e sempre più popolato, di chi si occupa di facilitare una “connessione con la Natura” e in generale di chi indaga come rigenerare la nostra capacità di mantenere una relazione vitale con il pianeta, come singoli, come organizzazioni e come società.
Ci sono ovviamente molti modi di affrontare questi temi. Quelli che sento miei in questo momento sono le storie e la creazione di esperienze dove possiamo imparare, insieme, nuove possibilità di stare in relazione, con noi stessi e col mondo che ci circonda. Modi creativi di “stare a contatto col problema” come suggerisce Donna Haraway, più che affrettarsi a cercare soluzioni.
Non che le soluzioni non siano importanti, è che non sono alla nostra portata. Come scrive Jessica Bhome nel suo
:Dobbiamo abbandonare l’idea delle soluzioni. Quando ci vengono proposte ci sentiamo insoddisfatti. Non perché queste idee siano prive di valore (non lo sono), ma perché non possono offrirci ciò che ci è stato promesso: una via d’uscita.
Sono pezzi del puzzle, non l’intero quadro. Trattarli come se fossero la soluzione completa rischia di semplificare eccessivamente il problema, ignorando questioni sistemiche più profonde. Anche il modo in cui cerchiamo e offriamo soluzioni è problematico: rafforza proprio quel tipo di pensiero che ci ha portati in questa situazione, l’idea che possiamo controllare, prevedere e risolvere la complessità come se fosse un semplice problema tecnico.
Spostiamo allora la nostra attenzione dalle soluzioni alle relazioni. La policrisi è, nella sua essenza, una crisi di relazioni—tra esseri umani, tra gli esseri umani e il mondo più-che-umano, tra i sistemi che abbiamo creato e quelli da cui dipendiamo. Per affrontarla, coltiviamo connessioni più profonde e significative—con gli altri, con la Terra e con noi stessi.
Jessica Bhome - This Article Will Change Your Life and Everything Else that Needs Changing
Un invito
C’è in cantiere la possibilità di organizzare una giornata in primavera, probabilmente sul lago di Garda o nel bergamasco, dove sperimentare insieme su questi temi. L’idea è di prenderci una giornata di sospensione dalla routine quotidiana per metterci sulle tracce della donna volpe. Ovvero, a grandi linee:
entrare in contatto con il luogo che ci ospita, con il gruppo e con noi stessi per esplorare dove siamo oggi e le possibilità a cui vorremmo fare spazio nel nostro lavoro e nella nostra vita.
prendere le domande per noi più rilevanti e portarle oltre la soglia, nella natura che ci circonda, mettendoci in ascolto ed esplorando possibilità.
tornare al campo base per condividere quanto emerso, celebrare l’esperienza e riflettere su come riportare gli insight raccolti nella vita quotidiana, in modo tangibile.
Più dettagli più avanti, ma se l’idea ti incuriosisce e vorresti partecipare o semplicemente vuoi saperne di più, scrivimi: info@makinglife.art
Coltivare tempo selvatico: spunti
L’1-2 marzo partecipo al laboratorio di Scrittura Profetica di Bartolomeo Caffarella all’interno del Pergine Festival. Un esercizio di creazione collettiva in cui è possibile riflettere sul passato, osservare il presente e immaginare il futuro.
Oggi, come ogni altro giorno, ci svegliamo vuoti
e spaventati. Non aprire la porta dello studio,
non metterti a leggere. Prendi uno strumento musicale.
Che la bellezza che amiamo diventi ciò che facciamo.
Ci sono centinaia di modi di inginocchiarsi
e baciare la terra.
La brezza dell’alba ha segreti da svelarti.
Non tornare a dormire.
Chiedi ciò che desideri davvero.
Non tornare a dormire.
Le persone vanno e vengono sulla soglia
dove i due mondi si sfiorano.
La porta è rotonda e aperta.
Non tornare a dormire.
Rumi - Un Grande Carro
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