Specie Custode
#37 | La risposta sul perchè siamo al mondo e altre questioni di secondaria importanza.
Some new cultures keep asking, ‘Why are we here?’ It’s easy. This is why we’re here. We look after things on the earth and in the sky and the places in between - Tyson Yunkaporta

Qual è il nostro scopo? Perché siamo qui?
Gli esseri umani sembrano essere gli unici, tra tutte le specie viventi, capaci di concepire una domanda come questa e passare la vita a cercare una risposta plausibile. A volte spinti dallo spavento di che cosa potrebbe accaderci, in una società mercantile come la nostra, se fallissimo nell’intento. A volte sull’onda di una sincera curiosità esistenziale.
Fatto sta che non troviamo pace.
Dal punto di vista di molte culture indigene, l’ansia tutta occidentale di continuare a chiedersi perché siamo al mondo non ha senso. Perché da tempi immemorabili esiste già una risposta, ovvia e definitiva: la funzione ecologica dell’essere umano è di essere una specie custode. Quello che cambia è il modo in cui ciascuno di noi può interpretare questo scopo, declinandolo a seconda dell’epoca, del contesto e delle proprie inclinazioni.
C'è una storia nella mitologia del Tempo del Sogno dell'Australia occidentale dove si narra di un grande incontro. Tutti i presenti al momento della creazione - gli alberi, le piante, gli animali e gli esseri umani - erano seduti in cerchio per decidere a chi spettava prendersi cura del creato e vigilare sul benessere di tutti.
Esaminarono minuziosamente le caratteristiche di ogni essere vivente e gli alberi dissero: "Beh, non guardate noi, non possiamo muoverci". Allora pare che il canguro si sia fatto avanti, ma aveva solo due braccia piuttosto insignificanti, non erano abbastanza per tutto ciò che serviva fare. Quindi alla fine toccò agli esseri umani, perché avevano quella capacità, avevano un'idea di che cosa significhi custodire la creazione, che è formata da complessità e connessioni. E’ un po' come avere un tocco leggero che sente la relazione tra le cose e perciò si muove con considerazione, perché sa che tutto deve essere governato dalla legge naturale, più che da qualsiasi altra cosa.
E poi avevano le mani, che sono davvero importanti! Le mani hanno una grande valenza spirituale nella nostra cultura. E non solo per noi, ma per gli esseri umani in tutto il mondo. Sono proprio le mani che trovi sulle pareti delle grotte nelle opere d'arte rupestre primordiali.
- Tyson Yunkaporta, Sand Talks
Orfani
Quando ho letto questa storia mi sono finalmente rilassata. Ecco che cosa ci stiamo a fare! Per poi rendermi conto, subito dopo, che non ho la più pallida idea di come metterlo in pratica. Se vivessi in una qualsiasi parte del mondo in cui esistono ancora comunità indigene in grado di vivere in armonia con la Natura, saprei a chi chiedere consiglio. Ma qui?
Come si impara ad interpretare questo ruolo in un mondo frammentato, dove siamo orfani della conoscenza dei luoghi in cui viviamo, dei saperi ancestrali che la proteggono e di una comunità che possa aiutarci a tramandarli ed evolverli nel tempo?
Molte delle nostre ansie, il senso di smarrimento, la paura del futuro, la nostalgia di un’appartenenza autentica, hanno una radice comune in questa dimenticanza, che ci ha portato così distanti dal motivo reale per cui siamo al mondo: custodire l’ecosistema di cui siamo parte, a modo nostro, secondo il nostro sentire.
Torno tra le pagine di Yunkaporta per approfondire:
Una persona indigena è un membro di una comunità che conserva ricordi di una vita vissuta in modo sostenibile su una base territoriale, come parte di quella terra. La Conoscenza Indigena è qualsiasi applicazione di quei ricordi come conoscenza viva per migliorare le circostanze presenti e future dei luoghi.
Molti di noi sono stati spostati da quelle culture d'origine, una diaspora globale di rifugiati separati non solo dalla terra, ma anche dal puro genio che deriva dall'appartenere in una relazione simbiotica con essa.
Bastano poche generazioni affinché animali addomesticati come i maiali si riprendano dopo essere scappati nel bosco. All'inizio restano i grassi, sciocchi animali rosa che sono stati selezionati per diventare, nel corso di secoli di cattività. Ma presto crescono setole nere e lunghe zanne, ogni generazione successiva diventa più veloce, più forte, più intelligente, fino a quando torna ad emergere il formidabile cinghiale selvatico.
Mi chiedo spesso cosa diventerebbero uomini e donne al di fuori della cattività. Ciò richiede più di un atto di resistenza; lo vedo come un processo di rinascita e ricostruzione.
- Tyson Yunkaporta, Sand Talks
Storie di rinascita e ricostruzione
Viola ha 13 anni e è alle prese con i test di orientamento per la scelta delle scuole superiori. Mi chiedo come cambierebbe la sua percezione del possibile se invece che chiederle “tu che lavoro vuoi fare tra 10 anni” le chiedessero “tu che cosa desideri custodire?”.
Per uscire dalla cattività serve prima di tutto rendersi conto che siamo dentro un sistema che ci ha addomesticati. E poi non aver paura dello smarrimento che ne deriva, ma fidarsi che quel senso di vuoto è in realtà la vita che ci richiama nei boschi, l’anima selvatica che galoppa verso un'opportunità di rigenerazione.
Per fortuna in tanti sono già partiti e stanno tracciando i sentieri, anche per noi.
E’ seguendo le loro tracce che li ho incontrati. Chi sono? Che cosa stanno realizzando? Che ostacoli incontrano? Da chi imparano? Che cosa li muove?
L’idea è di usare questo spazio nelle prossime settimane per condividere le loro storie. Sono curiosa di vedere dove ci porterà questo impulso.
Bene, mettiamoci al lavoro.
La mia speranza è che un giorno tutti possano trovare un posto sotto la Legge della terra dove vivono, trasformando i nostri sistemi di vita in qualcosa di sostenibile nel vero senso della parola. Oldman Juma lo chiama il ritorno delle sette famiglie e la loro riunione. Vorremmo che tutti guardassero le stelle e vedessero di nuovo le stesse storie. E smettessero di chiedersi: "Siamo soli?" Certo che no! Tutto nell'universo è vivo e pieno di conoscenza. Ora che le piccole domande sull'esistenza sono state risolte (Perché siamo qui? Come dovremmo vivere? Cosa succederà quando moriremo?) noi-due dovremmo essere in grado di tornare a occuparci di alcune delle domande più grandi. Avremo bisogno di terre e corpi vivi per farlo, però. Quindi mettiamo queste nostre mani al lavoro.”
Yunkaporta, Tyson. Sand Talk: How Indigenous Thinking Can Save the World
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