Dov'è andata a finire tutta quella creatività?
#40 | 5 stratagemmi per non perdere di vista la vita mentre la vivi
Nell’ultimo trasloco hanno viaggiato con me 105 quaderni.
Sono la testimonianza tangibile di anni di costante scrittura su carta, una disciplina che non conosce equivalenti nella dimensione digitale. Aprire un quaderno è come srotolarti attorno un bosco tascabile, che puoi tirare fuori al bisogno. Un rituale di autodisciplina e autoconoscenza che continua a regalarmi scoperte attorno ad alcune delle questioni fondamentali: chi sono io? Perché sono qui? Che cosa conta? Come posso contribuire?
Ho sperimentato molti modi per farlo, ma alla fine ritorno sempre su cinque pratiche, una mini infrastruttura per l’immaginazione che condivido qui sotto.
Ha importanza? Se farlo ti aiuta a chiudere la giornata con più meraviglia, stupore, creatività e gratitudine di quando l’hai iniziata, a prescindere da quanto difficile, complesso, sfiancante sia stato esserci fino in fondo, allora si, ha davvero importanza!
Se decidi di sperimentare, fammi sapere come va :)
Le pagine del mattino


Ogni mattina, mentre faccio colazione, la giornata inizia con tre pagine fitte di flusso di coscienza. Questo è il quaderno dove hanno diritto di cittadinanza i pensieri più contorti, le paranoie più inconfessabili, i desideri senza giudizio e senza censure. Non rileggo mai quello che scrivo e preferirei dargli fuoco piuttosto che farlo leggere a qualcuno. Lo scopo non è produrre un output o performare, ma districare i pensieri, raccogliere le idee, farmi da cheerleader, portare equilibrio nello stato d’animo e chiarezza nelle priorità della giornata.
Ho scoperto questa pratica nel 2020 grazie a un’amica con cui mi lamentavo di sentirmi bloccata. Hai provato “La via dell’artista”? aveva suggerito. E’ così che ho scoperto Julia Cameron, la santa patrona degli artisti in crisi e protettrice di chiunque voglia sperimentare i benefici di una vita creativa. Tra le sue pratiche spicca per popolarità ed efficacia quella delle “pagine del mattino”. Si tratta di ritagliarsi ogni giorno un momento ininterrotto per riempire, a mano, almeno 3 pagine di quaderno con qualsiasi cosa ti passi per la testa.
Come scrive la Cameron, le pagine del mattino ci insegnano ciò che conta davvero. Su chi le pratica con regolarità agiscono come una sorta di “chiropratica spirituale, riportandoci in allineamento con i nostri sogni, desideri, obiettivi.” Comincio a pensare che questo spazio non esisterebbe senza il gentile incoraggiamento e l’irragionevole entusiasmo che ricavo dal ritornare con disciplina su questa forma di manualità.
Fieldnotes - note di viaggio


Nel suo saggio Corrispondenze l’antropologo inglese Tim Ingold sostiene che “digitare le proprie note al computer è triste e deprimente. Strappa alla scrittura il suo cuore». Scrivere a mano, per lui, è un modo artigianale per riprendere la corrispondenza tra noi e il mondo, con la stessa cura e intimità riservate alle lettere spedite a un amico. Questo vale a maggior ragione per il dispositivo antropologico per eccellenza: il quaderno per le note di campo.
E’ equipaggiata con questa pratica che affronto i viaggi più importanti. Il bello di avere un quaderno cartaceo è che le pagine diventano contenitori non solo di note e disegni, ma anche di cimeli improbabili, come ad esempio foglie, foglietti, biglietti e mappe, pezzetti di legno, sassi o perline, che fanno dei miei taccuini l’equivalente di una Wunderkammer tascabile. Quello che ne ricavo è materiale grezzo che a volte diventa la base per condividere una storia al ritorno, recuperando così non solo la memoria dei dettagli, ma anche la carica emozionale di ciò che ho notato nei giorni passati a viaggiare.
Appunti di lavoro



Su questo non ho molto da dire, se non che prendere appunti mentre qualcuno parla mi aiuta a non distrarmi, e visualizzare le parole mi aiuta a ricordare. Di solito i quaderni sono per i corsi a cui tengo, mentre i fogli volanti per le riunioni.
Questo è l’unico caso, tra i cinque condivisi qui, in cui sto seriamente valutando di spostare la pratica su un dispositivo digitale. La quantità di volte in cui mi sono maledetta perchè mi serviva un appunto, ma non avevo il quaderno a portata di mano, dovrebbe essere uno user testing sufficiente a confermarmi che è ora di cambiare.
Sketchbook - se puoi imaginarlo puoi farlo


Ammetto di essere una persona piuttosto impulsiva. Quando ho a che fare con un’idea che mi appassiona mi infiammo e il primo riflesso è quello di lanciarmi subito all’azione. Forza, facciamo! Osservando i bravi artigiani all’opera, ho imparato che fermarsi a disegnare quello che immagini di fare è un modo molto più accurato di mettere al mondo le tue idee. Perchè ti consente di visualizzare, prima ancora di cominciare, come vorresti che andasse a finire, e organizzarti al meglio per farlo succedere davvero.
Per questo, che si tratti di un workshop o di un giardino, ho un quaderno dedicato solo a disegnare.
Il diario dei 5 anni



Nel 2003 viene ritrovato nelle cantine di un vecchio palazzo newyorkese, in procinto di essere abbattuto, il diario che la quattordicenne Florence Wolfson aveva diligentemente compilato per cinque anni, tra il 1929 e il 1934, prima che andasse perduto in un trasloco. Nella lunga intervista rilasciata a Lily Koppel, giornalista del New York Times che si era appassionata alla vicenda, la Wolfson, ormai novantenne, ripercorre emozionata le pagine consunte del suo antico cimelio. Tornando in contatto con le ambizioni e i pensieri della giovane donna che era stata, a un certo punto non trattiene lo sgomento: "Chi sarei diventata se fossi stata fedele a me stessa? Dove è andata a finire tutta quella creatività?"
E’ da questa storia che ha preso ispirazione l’artista Tamara Shopsin per creare The Five Years Diary, un diario dove annotare in un unico volume cinque anni della propria vita. Ogni pagina è dedicata a un giorno dell'anno e suddivisa in cinque sezioni, una per anno. Lo spazio per le note è poco, ti costringe a chiederti di quel giorno che cosa è veramente essenziale ricordare. A volte un dettaglio, a volte una sensazione, a volte una citazione che ne racchiude l’essenza. Io sono al terzo giro. Ritornare sullo stesso giorno, a distanza di tre anni, è un’emozione indescrivibile. Anche quando mi accorgo di portarmi appresso gli stessi temi, le stesse domande, ritornare su queste pagine mi offre un modo per tenermi d’occhio, incoraggiarmi e, quando serve, aggiustare il tiro.
Forse è per questo che continuo imperterrita a comprare quaderni e riempirli di parole. Qualunque sia la loro funzione, la disciplina del tornare sulla pagina, penna alla mano, è un antidoto al timore di perdermi, non per scelta o per sorte avversa, ma per distrazione. Mi sembra sia un modo tutto sommato semplice, e alla portata di tutti, per evitare di arrivare alla fine dei propri giorni e chiedersi, da una distanza ormai incolmabile, che cosa ne è stato di tutta quella creatività?
Se questo post ti è piaciuto potrebbe interessarti proseguire con Avevo bisogno di leggerlo e continuare con Svuotare la testa, uno tra i post più letti di Making Life, che contiene una pratica semplice per ritrovare concentrazione e serenità.
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