Che cosa significa agire in modo ecologico?
Da quando vivo con un’adolescente e un gatto mi avvicino a questa domanda in punta di piedi, disarmata. A che cosa serve tutto il sapere del mondo se non sa trasformarsi in saggezza quando c’è da passare all’azione?
Stando con loro, mi sembra che la chiave per muovermi senza fare danni abbia in qualche modo a che fare con la mia disponibilità ad essere spiazzata. Placare l’urgenza di dispensare soluzioni, abbassare le braccia, imparare a sentire la presenza invisibile degli schemi più grandi che regolano gli equilibri di tutto ciò che è vivo. E da quella posizione più umile e attenta, allenarmi a improvvisare.
Un po' come in quel rituale per la caccia all’alce in uso presso una tribù indigena (forse) nordamericana, raccontato da Bonitta Roy in una conversazione su pratiche di saggezza collettiva ospitata dal collettivo The Stoa.

Il rituale funziona così:
Dopo aver finito di mangiare ogni parte dell'alce, gli anziani del gruppo prendono l'osso della spalla, lo appoggiano sul fuoco e aspettano finché nell’osso non si forma una crepa, perché è quella che gli indica la direzione che devono prendere per trovare un altro alce nella prossima battuta di caccia.
Agli occhi di un occidentale questo può sembrare pensiero magico, una decisione priva di senso. Il fatto è che questa gente ha cacciato l’alce per generazioni, sanno perfettamente dove trovare gli alci nei punti in cui bevono, alla stessa ora ogni giorno. Non sono stupidi.
Ma se si entra in questa mentalità di controllo diretto, l'alce diventa più intelligente, la prossima volta fuggirà e per l'intero sistema diventerà sempre più difficile muoversi in comunione. Per questo motivo introducono la casualità nel processo. Nel farlo finiscono per seguire nuove piste e durante il percorso scoprono di più sul loro territorio, migliorandone aspetti che non sanno nemmeno di migliorare. E l'alce non si abitua ad avere paura di loro.
La danza del mutualismo e della reciprocità sono garantiti da questo rapporto che hanno con la casualità e la sorpresa.
Forse è questo che intendeva Gregory Bateson quando suggeriva che un’azione, se dev’essere pianificata, va sempre pianificata “su base estetica”.
Il bello è che nessuno ha progettato quel rituale a tavolino. Si è evoluto naturalmente generazione dopo generazione, seguendo una conoscenza intima del proprio contesto e un’intuizione raffinata, che percepisce l'esistenza di un sapere più grande e sa come entrarci in relazione con successo nella quotidianità.
Incorporare tutto questo in una pratica sociale è un modo poetico e al tempo stesso molto pratico per assicurarsi di non dimenticare.
Forse la conoscenza da sola non basta, servono anche rituali che ci aiutino a trasformare il sapere in saggezza. Pratiche creative collettive a cui affidare l'emergere di una cultura ecologica che ci permetta di prosperare su questa terra, insieme.
Umani, alci e luoghi, per molte altre generazioni a venire.
Praxis to Collective Wisdom- qui la conversazione integrale tra Bonitta Roy, Nora Bateson e Ria Baeck a The Stoa, che include il frammento sul rituale della caccia all’alce, oltre a tanti altri spunti preziosi su come adottare uno sguardo olistico quando si tratta di cambiamento e complessità.
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