Qual è la tua idea di felicità?
#5 | Un'azione collaborativa, poetica e concreta, a cui puoi partecipare anche tu

Quando un anno fa Federica, Stefania e Filippo mi hanno chiesto di scrivere una storia in forma epistolare su questo tema, ho pensato fosse facile. Poi ho passato ore a fissare lo schermo bianco, sperando di tirare fuori dal pozzo un frammento che contenesse l’infinito, in maniera intelligibile.
….ti invitiamo ad essere uno degli autori delle lettere sulla felicità, che porteranno con sé l'emozione di ricevere e scrivere a mano una lettera: un modo per entrare in relazione e raccontarci (e così ricordare) cosa ci fa star bene.
I lettori le stanno aspettando. Sono gli abitanti di comunità residenziali (carceri, ospedali, residenze socio sanitarie, case e comunità protette, ma anche classi scolastiche e team di lavoro) a cui, più di altri in questo momento, è tolta la possibilità di relazionarsi.
Il tuo racconto, come quello degli altri 33 autori, ispirerà la risposta dei partecipanti. Contiamo di ricevere tra le 300 e le 500 lettere di risposta.
(il loro invito, in breve)
Alla fine ho capito che dovevo smetterla di pensare a un racconto sulla felicità. Ed è così che ho trovato la mia storia, e parla d’amore.
La lettera che segue fa parte di beewe*, un progetto ideato da Artway of Thinking nell’ambito del percorso di immaginazione civica “beeO Ingredienti di Comunità”. Un’azione partecipata che ha coinvolto 34 autori, gli abitanti di 26 comunità residenziali e gli studenti di 8 istituti scolastici, in uno scambio di momenti felici, scritti a mano e accompagnati da piccoli oggetti imbustabili.
Scrivere, imbustare, spedire. E’ stata un’emozione indescrivibile.
Qui sotto puoi leggere la mia lettera.
Bologna, 25 maggio 2021
Mia carissima Viola,
domenica con tuo nonno abbiamo piantato pomodori.
Erano delle piante particolari, nate dai semi estratti da un cesto di una qualità rarissima che gli ha regalato qualche strano amico suo. Così almeno ha detto lui, raccontandomi una storia che sembrava l’adattamento agricolo di quella canzone che cantavamo da piccoli…“per fare un tavolo ci vuole un fiore” e via dicendo.
Così è andata la faccenda. Mesi fa lui ha riposto accuratamente ogni seme dentro minuscoli vasi neri, colmi di terra fertilizzata dalle sue galline. Ha infilato tutto in una serra luminosa a prova di gelo e da lì in avanti ha lasciato fare alla Natura. Quando qualche giorno fa sono entrata in quella bolla tropicale i germogli erano cresciuti rigogliosi e forti in entrambe le direzioni: c’erano decine di fusti verdi e turgidi protesi verso il soffitto e una foresta di radici bianche, sottili come capelli, che si facevano furiosamente strada nei sottovasi, come coloni in cerca di terre vergini dove traslocare.
Nel vederle così, verdi e vive, me lo sono immaginato, quel suo prendersi cura costante, attento, ma sempre senza premura. Ogni tanto una rimboccata d’acqua, certi giorni solo una visitina, certi altri un intervento per infilare un rinforzo, mentre il germoglio bucava l’involucro e si faceva strada verso l’alto, attratto da quella forza di gravità interiore che da sola sa già tutto su ciò che è destinato a diventare.
Domenica abbiamo passato il pomeriggio con le ginocchia infilate nella terra lavorata di fresco, a scavare con le mani a coppa buchette distanti un palmo e a creare un'architettura di canne degna di un pantheon antico. E nel mentre scambiarci ricordi sugli orti degli anni passati e i bicchieri di birra ghiacciata che tua nonna ci allungava, mentre veniva a controllare senza farsi notare.
Ogni tanto, con delicatezza, mi faceva domande su questo o quell'aspetto delle mia vita, per assicurarsi che stessi bene, e non si accontentava di risposte a metà. Voleva sondare se c’era un bene pieno, come il rigoglio di quelle sue piante floride.
Prima di cena, mentre il sole si abbassava sui campi, ci siamo fermati a guardare il risultato del nostro lavorare. Mi ha messo un braccio attorno alle spalle, mentre guardavamo in silenzio nella stessa direzione. Così - come se l’anima mi si fosse risvegliata al fischio di un richiamo familiare e si fosse lanciata al galoppo lungo i campi, impazzita ed ebbra di gioia - in un attimo mi ha travolto la consapevolezza che siamo tutti venuti al mondo già perfetti e completi, come i semi di quei pomodori speciali.
L’amore è l’opera di rendere visibile l’invisibile, con costanza, attenzione, ma senza premura: ogni tanto una rimboccata d’acqua, certi giorni un rinforzo o solo una visitina, mentre noi buchiamo l’involucro e ci facciamo strada verso l’alto, attratti da quella forza di gravità interiore che da sola sa già tutto su ciò che siamo destinati a diventare.
Proprio come ha fatto lui con me.
Proprio come spero di riuscire a fare io con te.
Ti voglio bene, scrivimi presto,
Tua, Leti.
Artwayofthinking è un collettivo che da trent’anni studia, pratica e diffonde il legame tra l’arte e i processi di trasformazione sociale. Incontrarle, quasi dieci anni fa, è stata una boccata d’ossigeno, per ciò che sono e per il loro modo di guardare ai processi di cambiamento e al reale spazio di manovra degli aspiranti “change maker”. Se ti interessa approfondire, qualche tempo fa le ho intervistate. Puoi leggere e ascoltare qui.
Questa lettera fa parte del loro progetto beewe* un solo ingrediente: la felicità.
Per saperne di più e partecipare: https://www.artway.info/ongoing/beewe