We are Earth in form - Farmer Rishi
Nella primavera del 2020 presi parte ad un gruppo di lavoro dedicato a sperimentare pratiche per aiutare le persone a navigare momenti di incertezza. Uno degli esercizi proposti consisteva nel disegnare almeno tre scenari di medio periodo di un futuro desiderato.
Ricordo che nei miei era onnipresente il desiderio di immergermi di più nella natura. Col senno di poi mi rendo conto quanto quell’esperienza sia stata seminale per molte scelte successive, tra cui quella di lasciare una città, che apparentemente offriva tutto, per trasferire casa e famiglia in un paesino sulle sponde di un lago, sfiancarmi di passeggiate nei campi, adottare un gatto e dare rifugio ai più disparati tra i vegetali.
Ho sentito molte persone fare scelte simili, soprattutto negli ultimi due anni di pandemia. Una riconnessione uomo-natura è di fatto una delle emergenze più sentite dei nostri tempi…per ovvie ragioni. Ma col linguaggio a volte è facile confondersi e nel costruire un binomio con ciò che di fatto è uno, rischiamo di boicottare in un attimo le nostre intenzioni migliori.
Il mondo naturale: oltre la mera frequentazione
Essere un’espressione della Natura è la nostra natura. Quello che ci serve non è solo frequentarla di più, ma prima di tutto ricordarci chi siamo, di cosa abbiamo davvero bisogno e riscoprire così il nostro posto nel mondo.
E’ di questo che si occupa il filone di studi e pratiche della Nature Connectedness. Definita come "senso esperienziale degli individui di unità con la natura", la connessione con la natura è un costrutto psicologico misurabile che va oltre il semplice contatto e si riferisce al modo in cui le persone di relazionano e sperimentano la relazione col resto del mondo naturale.
Perchè questo è importante? La scienza è oggi unanime nel ritenere che esiste una correlazione positiva tra il nostro senso di connessione alla natura, la nostra salute mentale e i nostri comportamenti ecologici.
Sostenendo le affermazioni di filosofi e psicologi, gli individui che si sentono più connessi alla natura, cioè che includono la natura nel loro senso di sé, sono più favorevoli all'ambiente e tendono ad avere un migliore benessere psicologico, senso di scopo, resilienza e felicità. Quindi, il senso di connessione con la natura è di particolare interesse perché può promuovere contemporaneamente la salute del pianeta e quella delle persone.
Ma come si forma questo senso di connessione? Comprenderlo è indispensabile affinchè possa essere coltivato e diffuso. A questo si dedica il Nature Connectedness Research Group, primo centro di ricerca finalizzato a comprendere la connessione delle persone con la natura, per trovare soluzioni semplici a problemi complessi quali il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e il benessere mentale.
3 cose buone al giorno
Per molto tempo comprendere il mondo naturale ha avuto lo scopo di sfruttarlo, controllarlo, usarlo per dei fini insensibili ai cerchi più grandi implicati anche nell’azione più puntuale.
Coltivare la connessione con la natura, sentirsi davvero parte di essa, richiede di andare oltre il solo sforzo intellettuale, per costruire una relazione prima di tutto attraverso i sensi, le emozioni, la meraviglia, il prendersi cura.
Per quanto possa sembrare romantico o astratto, riconoscere che queste sono le basi per generare Nature Connectedness ha di fatto delle implicazioni pratiche molto concrete.
Nel 2019 i ricercatori dell’università di Derby hanno sviluppato un intervento basato su smartphone che ha portato a miglioramenti clinicamente significativi nella salute mentale dei partecipanti e nel loro senso di connessione con la natura.
Basato su una semplice pratica di psicologia positiva, l’esperimento consisteva nell’annotare per un mese 3 cose buone al giorno che le persone rintracciavano nella natura del proprio contesto urbano. I risultati mostrano che questo tipo di abitudine ha valore come intervento efficace di salute pubblica anche nelle città, senza necessità di insostenibili immersioni nella natura più selvaggia.
Questo è particolarmente rilevante se si pensa che viviamo in un mondo sempre più urbanizzato, dove oltre il 30% della popolazione mondiale soffre in qualche forma di disturbi mentali.
Allenare il muscolo dell’attenzione, guidati dalla curiosità e dal senso di meraviglia e, nel farlo, dimenticarci di noi per il tempo che basta a riconoscersi parte di qualcosa di più grande. Questa sembra essere la pratica a cui siamo chiamati se vogliamo camminare verso un maggiore senso di benessere, scopo, atteggiamento ecologico e felicità.
Provare per credere.
Non dovremmo consentire all’imperfezione della nostra comprensione di alimentare la nostra ansia e di aumentare così il bisogno di controllo. I nostri studi potrebbero piuttosto ispirarsi ad una motivazione più antica, anche se oggi appare meno rispettabile: la curiosità per il mondo di cui facciamo parte. La ricompensa per questo lavoro non è il potere, ma la bellezza.